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Draghi
alle Camere Il valore dell’euro Il governatore della
Banca centrale europea, Mario Draghi, non si iscriverà al partito di coloro
che vorrebbero uscire dalla moneta unica. Paragoni
indecenti, come quelli con i tempi in cui il nazista Funk era responsabile
della politica economica di Berlino, sono improponibili. Bisognerebbe prima
almeno considerare il parametro dello spread. I 500 punti base pagati
dall'Italia rispetto ai Bund nei momenti peggiori della crisi del 2011–2012,
erano esattamente quanto gli italiani hanno pagato per 15 anni in media prima
dell'introduzione dell' euro. Un dato che da solo
dovrebbe essere sufficiente a comprendere l'utilità della moneta unica per la
nostra economia. Sono diversi i paesi dell'Eurozona la cui crescita
potenziale si era smorzata prima dell'introduzione
dell'euro e la situazione dell'Italia fa testo. Dal prodotto interno lordo
del 2,5% dell'inizio degli anni ‘90, si è scesi all'1,5% del 1999. Nel
momento in cui le prospettive di crescita tornano ad essere
favorevoli, tanto da cogliere segnali per cui la ripresa debole e
disomogenea riesce ad acquistare forza e stabilità, uscire dal sistema
monetario unico, rappresenterebbe più rischi che vantaggi. Difficile che
trincerarsi nuovamente dentro i confini nazionali possa essere un modo per
risolvere i problemi, piuttosto che acuirli. Lo dimostra la situazione greca.
Sembrava che Tsipras vinte le elezioni avrebbe salutato la moneta unica per
puntare tutto sul ritorno alla dracma. Eppure sono proprio i greci di questo
governo a compiere un incredibile balletto per evitare di trovarsi fuori dall’euro. Se le regole di bilancio nell'Eurozona
sono gravose, averle disattese più volte ha creato problemi di fiducia
rilevanti. Le regole si possono cambiare, ma intanto vanne rispettate, allora
la discussione diventa possibile, perché una sensibilità al cambiamento
esiste e va incoraggiata. È vero che la politica monetaria espansiva della
Bce può essere un disincentivo per quelle riforme strutturali che molti paesi
devono ancora compiere, ma Roma, 26 marzo 2015 |
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